Morte da Covid-19: negazione dell’elaborazione del lutto e Disturbo Post Traumatico da Stress
La pandemia Covid-19 ha coinvolto drammaticamente, circa 122.833 famiglie italiane nella perdita di persone care, cristallizzandole in un perpetuo dolore per l’impossibilità, a causa delle misure restrittive anti-contagio, di vivere ed elaborare adeguatamente il lutto.
La morte di una persona cara, seppur sia una realtà a cui nessuno può eludere, porta ad affrontare un percorso di dolore e sofferenza, che assume caratteristiche soggettive dipendenti dai pensieri, dalle emozioni, dalle percezioni, dalla storia di vita e dal contesto sociale e culturale, proprie del proprio sistema reattivo percettivo.
Quando si perde qualcuno di importante, consegue un cambiamento permanente che necessità di un processo di adattamento e di ristrutturazione del proprio mondo interno, tipico di un’adeguata elaborazione. Tale processo termina in una fase di accettazione e riorganizzazione della nuova realtà e di collocazione affettiva della persona deceduta, in una dimensione interna, meno dolorosa ed utile ad una riapertura dei contatti con il mondo esterno.
Con il Covid-19 queste possibilità sono state negate a causa di diversi fattori: il repentino peggioramento delle condizioni di salute del familiare che ha contratto il virus, e la conseguente prognosi infausta; l’impossibilità di poter rimanere accanto ad esso durante la sofferenza e per un ultimo saluto; la mancanza del rito delle esequie e di sostegno sociale, e con esso la possibilità di condividere il dolore, anche con un solo abbraccio di contenimento e vicinanza. Questi fattori hanno impattato in modo rilevante sulla salute psicologica, trascurando l’importanza dell’emozioni, svuotando le vite umane da ogni dignità.
In aggiunta, la diffusione continua e costante di notizie relative ai decessi ed ai contagi, ha intrappolato in un loop di pensieri ed emozioni che sono diventati il focus centrale dell’esistenza, impedendo di vivere e concentrarsi su altro, dove in altro, sempre a causa del virus, non è stato possibile concentrarsi.
Dal punto di vista clinico questa esperienza, ha portato a manifestazioni sintomatologiche tipiche del disturbo post traumatico da stress PTDS, il quale si caratterizza per l’aver assistito ad una esperienza traumatica, in questo caso di morte e minaccia di morte, vissuta sia direttamente che indirettamente.
La caratteristiche principali del DSPT riguardano lo sviluppo di una serie di sintomi ansioso-depressivi collegati alla paura, all’evitamento, all’ansia ed al calo del tono dell’umore fino ad arrivare all’anedonia, oltre che alla presenza di sintomi intrusivi, come ricordi, sogni e flashback che insorgono successivamente all’evento traumatico, che possono portare alla completa perdita di consapevolezza dell’ambiente circostante. A tal proposito la costante ed intensa diffusione di informazioni di morte e contagi ha avuto la funzione di triggers oltre che da amplificatore per la perpetua minaccia allo stesso trauma, intrappolando in un incubo senza fine.
L’American Psychiatric Association delinea che l’80% di chi presenta un PTSD può manifestare anche altri problemi quali, disturbi del comportamento alimentare, problemi di sonno, somatizzazione, abuso di sostanze e altre dipendenze comportamentali. Ognuno di questi problemi, in ottica Strategica, rappresenta una tentata soluzione, seppur disfunzionale, ad un malessere che non trova percorsi apparentemente migliori.
Richiedere l’aiuto di professionisti in grado di trasformare la sofferenza ed attivare strategie adeguate al proprio benessere è la soluzione che ognuno merita.
“ Il dolore rovescia la vita, ma può determinare il preludio di una rinascita”